ARTEMISIA
L’Artemisia è un genere di piante della famiglia delle Compositae, o Asteracee, la cui etimologia deriva dal greco Aster, e significa, in senso ampio, a forma di astro, di stella[1], oppure dall’ accadico As-tar[2].
Caratteristiche energetiche: amara, acre, lievemente calda.
Organi coinvolti: milza, fegato e reni.
Segnatura e astrologia medica: Venere, ma anche Luna (stomaco), la Bilancia per la funzione depurativa del fegato e la Vergine per quella digestiva, l’asse Toro/Scorpione per la milza.
Parti utilizzate: foglie, ma anche radici e sommità fiorite.
Principi attivi: Il numero di sostanze attualmente note ed estratte da tale asteracea ammonta ad oltre 140 diverse molecole[3], tra cui: cineolo, artemisinina, tujone[4], principio amaro.
Il genere Artemisia comprende circa 400/450 specie di erbe o suffrutici, generalmente aromatici, caratterizzate dalla presenza di composti sesquiterpenici, soprattutto lattoni.
Dosaggio: 3-9 gr.
Indicazioni
Come pianta di Venere, l’Artemisia, esercita azione curativa in ambito tipicamente venusiano, quello dei problemi legati all’apparato genitale femminile: depura le mucose e ne favorisce le regolarità.
Blocca il flusso mestruale eccessivo provocato da freddo o insufficienza, stimola la circolazione del sangue, riscalda l’utero, calma il feto, elimina le tracce dell’aborto, allevia i dolori addominali provocati dal freddo interno.
L’Artemisia è pianta sacra ad Artemide, dal greco artemis, “colei che conosce le virtù”, ma anche “colei che odia la fecondazione” dell’uomo nella donna, e quindi colei che conosce le virtù di mantenere l’utero “integro e sano” (ancora da artemis, in greco)[5].
La diidro-artemisinina e l’artesunate (= succinil-Na-diidro-artemisinina) contenuti nell’A. annua, sono altamente cito-tossiche per le cellule della cervice uterina attaccate dal papilloma-virus, inducendone il collasso del mitocondrio e quindi innescando processi apoptotici[6]; mentre sono innocue nei confronti delle cellule sane.
E’ utilizzata come amaro-tonico per il fegato e lo stomaco.
Può essere applicata localmente come linimento o lavanda per il prurito.
Per via interna o esterna previene ed elimina la presenza di parassiti e vermi intestinali, per via della presenza di santonina, efficace e noto antielmintico.
Stagionata, essiccata e polverizzata, assume la consistenza del cotone, e può essere arrotolata, con l’aiuto di un telo sottile, come un sigaro; bruciata ad un’estremità e posta vicina all’area affetta e dolente, dà sollievo ed aumenta l’afflusso di sangue, in caso di ferite e contusioni (metodo della moxibustione).
L’artemisia essiccata, da sola o mescolata ad altre piante come la salvia, le foglie di tuia o la radice di osha, può essere messa a bruciare in modo che il fumo purifichi l’ambiente fisico e spirituale; questa è una pratica tipica degli indigeni d’america, chiamata “smudging”, affumicare.
Proprietà
- antimalarica (contiene artemisinina, lattone monociclico sequiterpenico contenuto soprattutto nell’A. annua);
- antisettica (proprietà di impedire o rallentare lo sviluppo dei microbi per effetto dei chetoni[7]);
- antivirale (fito-estratti di Artemisia, interferiscono pesantemente con fattori replicativi strutturalmente importanti del ciclo del parassita endocellulare, sia virus a DNA che RNA; citomegalovirus umano viene inibito da estratti di A. annua, come il derivato artesunate, mentre ‘artemisinina ha effetti viro-statici documentati contro il virus influenzale umano).
- anti-herpetica (nei fito-estratti idro-alcolici di A. anomala, e A. douglassiana [8], per i fito-estratti acquosi di A. anomala[9], per i fito-estratti di A. absinthium, A. afra, A. herba-alba, A. vulgaris, fito-estratti di A. douglassiana e A. absinthium).
Ha anche azione antispasmodica (attenua gli spasmi muscolari, e rilassa anche il sistema nervoso); carminativa (favorisce la fuoriuscita dei gas intestinali); diaforetica (agevola la traspirazione cutanea); emmenagoga (regola il flusso mestruale); espettorante (favorisce l’espulsione delle secrezioni bronchiali); eupeptica (favorisce la digestione); amaro tonico (digestiva); antidiabetica (dalle radici – combatte la malattia del diabete); lievemente narcotica.
Tra le specie erboristiche di maggiore interesse si ricordano:
– A. annua, l’assenzio dolce, per l’impiego dell’artemisinina come antimalarico;
– A. vulgaris, si utilizzano le sommità fiorite, contenenti flavoni, triterpeni, lattoni sesquiterpenici e poco olio essenziale (< 0,2%) con contenuto variabile di tuioni; la parte erbacea trova impiego come antispastico, medicamento amaro, tonico amaro; la radice contiene olio essenziale (eucaliptolo, tujone in tracce) e inulina, usata come spasmodico e antiepilettico, nonché in caso di pollinosi;
– A. absinthium (assenzio romano), che contiene un olio volatile amaro ed è considerata la più amara tra gli assenzi;
– A. camphorata, viene utilizzata in Italia come medicamento (canfora di artemisia); la parte erbacea presenta un olio volatile contenente cineolo, tujone, alcool tujilitico.
Religione e leggende
La notte di San Giovanni, 24 Giugno, memore dell’antico detto, “la rugiada di San Giovanni guarisce tutti i mali”, da sempre viene dedicata alla raccolta delle erbe del Santo: iperico, artemisia, ruta, menta, salvia, ecc.. l’Artemisia tra le più importanti.
L’artemisia è una pianta semplice, ma molto completa, è un erba di vita, ma anche di morte.
Nel mito greco-romano, si racconta che l’Artemisia sia stata donata alle donne dalla Dea Artemide, da cui prende il nome, per rendere il ciclo mestruale regolare e per aiutare nei parti difficili. Nelle medicina popolare, questa pianta, veniva però vietata alle puerpere, perché dava un sapore sgradevole al latte materno.
L’Artemisia è stata utilizzata in modo massiccio nell’antichità anche dai Celti: il primato in produzione e qualità, va certamente alla regione francese di Charente, un tempo chiamata Saintonge, da cui l’epiteto, Erba di Saintonge.
Veniva usata come vermicida, per guarire angina, scrofola, catarri e tonsilliti, mal di gola. E’ evidente che tale efficacia terapeutica sia dovuta ai componenti chimici della pianta, tra cui absintina, olio essenziale (contenente tujone, alcol tujolico ed esterificato con acido valerianico e palmitico), fellandrene, cadinene, azulene, tannino, resine, acido malico e succinico.
Siamo in presenza di un potenziale gruppo di sostanze medicinali efficaci, ma di problematico dosaggio: eccedere nelle dosi e durata di assunzione, provoca gravi danni al sistema nervoso con alterazioni di ritmo cardiaco e pressione.
La prescrizione dell’Abate Kneipp: infuso di 4-8gr di Assenzio secco per litro d’acqua, da assumere per tre giorni, un bicchiere a digiuno la mattina e uno dopo pranzo a digestione completata; per i bambini la dose va ridotta a due cucchiai.
Nel mondo greco-romano il campo d’azione dell’A. vulgaris, rispetto all’Assenzio, era più specifico per la cura dell’epilessia, delle convulsioni infantili e dei dolori femminili dovuti al ciclo.
Presso i celti, l’Artemisia era una pianta dedicata al pianeta Venere, ed aveva come elemento di riferimento la Terra. Nel pantheon dei Numi celtici, era consacrata a Morrigan, detta la “Grande Regina”, facente parte dei trio delle divinità gallesi della guerra, le Morrigan.
Tra le sue occupazioni, la dea si occupava anche di magia, di esternare profezie ed era leader del sindacato delle streghe: in tal senso l’Artemisia, presso i celti, era raccolta prima dell’aurora, cantando “ti colgo, o Artemisia, non abbandonarmi lungo la via” ed era messa nelle scarpe per guadagnare energia durante i lunghi percorsi.
Ma questa pianta non protegge solo i viaggi fisici, ma offre la sua protezione anche durante i viaggi spirituali, quindi sarebbe opportuno bruciarne qualche rametto, durante le meditazioni.
L’artemisia si brucia insieme ad altre erbe per purificare ambienti e persone, e il fumo aspirato favorisce le visioni.
Durante i riti di divinazione si bruciava insieme al sandalo o se ne beveva un infuso[9] addolcito con miele.
Dormire su un guanciale imbottito di foglie di Artemisia induceva il sonno profetico e le visioni mistiche.
E’ una pianta legata ai cicli lunari, e come la Luna induce l’abbassamento di veglia, cosi,i suoi fiori sprigionano absintina, un principio amaro che in passato veniva usato come droga, provocando allucinazioni, delirio e a volte anche la morte.
Il nome gaelico dell’Artemisia è “liath lus”, o Mugworth, che potrebbe derivare dal vecchio norreno Muggi, che significa “palude” e “worth” viene dall’Old English “wyrt”, e significa “radice/pianta”. Era usata sin dall’antichità per respingere gli insetti, soprattutto le falene.
La tradizione prevede che si intreccino corone di Artemisia per ornare il capo dei giovani, allontanare gli spiriti maligni e alleggerire il cuore con il dolce sentimento della contentezza.
Viene usata nei talismani di protezione contro le disgrazie e nei rituali per proteggere la fedeltà e la felicità coniugale: in alcuni paesi, il giorno di ferragosto, gli sposi si regalano corone di artemisia per propiziare la fertilità.
In quasi tutto l’oriente, vengono confezionate figure magiche con l’artemisia, e vengono appese fuori dalla porta per allontanare il male dalle case.
Nel mondo ci sono varie leggende su questa pianta magica, ma una in particolare è più conosciuta delle altre.
Racconta di una ragazza che andando a passeggio, finisce in una buca piena di serpenti. Sul fondo dell’abitacolo c’è una pietra luminosa e i serpenti affamati sono condotti li dalla regina dei serpenti per potersi saziare leccandola. La ragazza per poter sopravvivere, imita i serpenti, e quando arriva la primavera questi si snodano e compongono una scala cosi da poter fare uscire la ragazza all’aperto. La regina dei serpenti fa un dono alla ragazza, le da la facoltà di comprendere il linguaggio delle piante e di conoscerne tutte le proprietà medicamentose. In cambio, lei non deve mai nominare l’Artemisia. La fanciulla ben presto si accorge di comprendere tutto ciò che le piante le dicono e suggeriscono.
Un giorno, un uomo le domanda come si chiama quella pianta che nasce nei campi, ai bordi dei sentieri. La fanciulla, senza riflettere risponde: “Artemisia”, e di colpo le piante smettono di parlarle, il loro linguaggio diventa estraneo. La fanciulla ha dimenticato tutto.
Ecco perché l’Artemisia viene chiamata anche Pianta dell’oblio.
Esiste un rapporto molto stretto e particolare tra le Donne e le Erbe, che si perde nella notte dei tempi .. Le erbe possono curare, nutrono il fisico e lo spirito, ma queste stesse erbe, possono anche uccidere. E’ questo il motivo per cui, spesso, l’uomo è spaventato dalla Donna Herbana, colei che da la vita, ma può donare anche la morte. Prima delle persecuzioni alle Streghe, la Donna Herbana era riconosciuta a livello sociale, occupava un ruolo importante e di riferimento per la collettività, perchè era Colei che guariva. Ma, la fobia delle streghe, accentuò la paura che dietro questa antichissima sapienza erboristica, si nascondessero osceni rituali diabolici.
Oggi
L’assenzio è una pianta usata per lustri nella cura di numerose malattie, tra cui le dermatiti. Recentemente (dopo il 1970) è stata usata contro la malaria, nella piante è infatti presente il principio attivo artemisinina che ha una notevole funzione antimalarica. Derivati sintetici dell’artemisinina sono attualmente in fase di ricerca per un loro potenziale uso come farmaci antitumorali.
ASSENZIO MAGGIORE
Artemisia Absinthium, Asteraceae o Compositae
Pianta medicinale nota soprattutto per il suo impiego nella preparazione del distillato d’assenzio, aromatico e molto amaro che si beve diluito e/o zuccherato. È la base aromatica principale nella preparazione del vermut.
Dall’assenzio viene estratto un olio essenziale contenente lattoni sesquiterpenici quali absintina, anabsintina, artabsina, anabsina e anabsinina ai quali si possono ascrivere le proprietà farmacologiche della pianta. Contiene: 1,8-cineolo, betacariofillene, bornil-acetato, canfora, cariofillene-ossido, linalooloxide, triquinani, tujone (alpha, beta), triquinani.
La tossicità dell’assenzio è attribuibile al monoterpene tujone e ai suoi metaboliti.
I sintomi associati ad intossicazione acuta sono rappresentati da: convulsioni (scariche neuronali corticali), ipotensione da vasodilatazione generalizzata, diminuzione del ritmo cardiaco, difficoltà respiratorie.
In passato (XIX e del XX secolo) si riteneva che l’abuso cronico di absinthe (il liquore a base di assenzio) fosse responsabile dell’insorgenza di “absintismo”, sindrome caratterizzata da una iniziale sensazione di benessere cui facevano seguito la percezione di allucinazioni ed un profondo stato depressivo, all’uso prolungato di assenzio venivano inoltre attribuiti l’insorgenza di convulsioni, la cecità, allucinazioni e deterioramento mentale.
Recentemente è stato evidenziato che gli effetti tossici che si manifestano in seguito ad assunzione cronica non sono correlabili al solo contenuto di tujone nel liquore preparato secondo la ricetta tradizionale. Gli “effetti non desiderati” imputati nel tempo al tujone potrebbero in realtà derivare dall’abuso cronico di alcol contenuto nel liquore e dalla miscela di alcune erbe tossiche (Acorus calamus, Tanacetum vulgare) che venivano utilizzate come adulteranti del liquore, o ancora, dall’uso di adulteranti quali zinco o cloruro di antimonio.
Il tujone è potenzialmente neurotossico e, nonostante il basso contenuto di tujone presente nel liquore, sono documentati diversi casi clinici in cui viene riportato il manifestarsi di effetti avversi (attacchi epilettici) in individui che hanno assunto olio essenziale contenente tujone. In letteratura è riportato un caso clinico riferito ad un paziente ospedalizzato a causa di episodi convulsivi associati a rabdomiolisi, insufficienza renale e scompenso cardiaco congestizio, insorti a seguito dell’assunzione erronea di 10 ml di olio essenziale di assenzio. La sintomatologia è regredita insieme ad una normalizzazione dei parametri di laboratorio dopo 17 giorni di degenza.
L’assenzio esercita inoltre un effetto protettivo nei confronti di insulti tossici a carico del fegato, che sembra essere parzialmente associato all’inibizione degli enzimi microsomiali epatici. Uno studio effettuato sui ratti ha evidenziato che l’estratto crudo della pianta è in grado di esercitare sui roditori un’azione preventiva e curativa nei confronti del danno epatico indotto da paracetamolo e da tetracloruro di carbonio (CCl4), due modelli sperimentali di epatotossicità ampiamente utilizzati.
La raccolta delle foglioline terminali e delle estremità fiorite, per scopi medicinali (e alimentari), avviene fra luglio e settembre. Inoltre i germogli freschi sono adatti a respingere gli insetti (pulci e tarme) e topi, mentre un infuso della pianta fa allontanare le lumache dagli orti (i composti lattoni sesquiterpenici sono fortemente insetticidi).
Artemisia Annua, Asteraceae o Compositae
L’artemisinina, un lattone monociclico sequiterpenico è ovviamente il fito-estratto principe di A. annua.
Contiene: artemisinina, metil-artemisinina, metil-diperossi-artemisinina, arteannuina B [11], anidro-diidro-artemisinina, B-arteetere, alpha-artetere [12], artemisinina.
“L’Artemisinina e i suoi derivati stanno riscuotendo molto interesse nel campo della ricerca per la loro capacità di eliminare selettivamente le cellule tumorali. È interessante notare che i dimeri dell’artemisinina hanno mostrato attività anti-cancro più potente della forma monomerica.
La captazione del ferro intracellulare è regolata dal recettore di transferrina (TfR), e l’attività di artemisinina dipende dalla disponibilità di ferro.
I ricercatori hanno visto che all’Artemisinina, liberando radicali liberi, colpisce selettivamente le cellule contenenti eccessive quantità di ferro (le cellule tumorali ne contengono molto più della media) portandole all’eliminazione.
L’ Artemisinina contiene una porzione endoperossidasica che può reagire con il ferro per formare radicali liberi citotossici.
Le cellule tumorali contengono significativamente più ferro libero intracellulare delle cellule normali ed è stato dimostrato che artemisinina e suoi analoghi selettivamente possono causare arresto della crescita cellulare e apoptosi in molte linee cellulari tumorali.
Inoltre sia l’artemisinina che i suoi composti hanno dimostrato di avere effetti anti-angiogenetici, interruzione della migrazione, modulazione della risposta recettoriale nucleare, anti-infiammatori, anti-metastatici e perturbazione di molte vie di trasduzione del segnale.
Queste caratteristiche rendono i composti dell’artemisinina interessanti candidati farmaci chemioterapici anti cancro.” – dott. MASSIMO BONUCCI M.D. Spec. Oncologia Medica/ Anatomia Patologca
Trattamento moxa
Trattasi della moxa di foglie essiccate di A. vulgaris utilizzate per farne sigari a combustione senza fiamma da applicare in particolari punti del corpo per diverse indicazioni terapeutiche (geloni; algie articolari; tosse catarrosa: Requena, 1990).
Cardini et al. (1989), è relativa il trattamento delle presentazioni podaliche del feto. Il trattamento deve essere eseguito nelle settimane XXXII-XXXVII di gestazione e sul punto V67 plantare della gestante. Il trattamento del V67 con sigari, può essere condotto a diversi livelli, dalla cauterizzazione completa dell’area, al semplice forte surriscaldamento (con attenuanti sovra-cutanei), al surriscaldamento superficiali (sempre con attenuanti sovra-cutanei). La percentuale di successo (ricollocazione fetale) a 24h dal trattamento è stata stimata in almeno 70 %.
Preparazioni varie
Infuso di foglie in acqua. Uso: antipiretico. Dose: bevanda a dosi non specificate nella fonte. Fonte: De Feo et al. (1992b: p.345).
Decotto con 30 g di foglie fresche in 1 l di acqua. Uso: anti-iperglicemizzante; anti-ipercolesterolemico. Dose: 1 tazza di decotto ogni 15 giorni. Fonte: De Feo et al. (1992a: p.116); De Feo & Senatore (1993: p.40).
Infuso di 20-30 g di apici fioriti disseccati in 1 l di acqua calda per 4-5 minuti. Uso: dispepsia, calcolosi bibliari, stimolante epatico. Dose: 1 tazza di infuso ogni sera. Fonte: De Feo et al. (1992a: p.116); De Feo & Senatore (1993: p.40).
Preparazione: foglie e pianta intera disseccata e polverizzata. Uso: cicatrizzante topico. Dose: trattamento topico dell’area interessata. Fonte: De Feo et al. (1992a: p.116); De Feo & Senatore (1993: p.40).
Preparazione: macerazione della pianta intera in olio di oliva. Uso: lenitivo topico contro parotite. Dose: trattamento topico dell’area interessata. Fonte: De Feo et al. (1992a: p.116); De Feo & Senatore (1993: p.40).
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Fonti:
– Ferdinando Alaimo, Erboristeria planetaria.
– Colin W. Wright, Artemisia.
– A. Bruni, Farmacognosia Generale e Applicata.
– Michael Tierra, Grande manuale di erboristeria.
– Marco Valussi, Il grande manuale dell’aromaterapia.
– Alfredo Moreschi, Il mondo verde celtico. I rimedi naturali dei druidi
– Emanuela Vacca, Punta dell’Est
[1] Aster, astrum, dalla radice -star con e prostetico, indica la stella in senso lato.
[2] da As-, “gettare”, con -tor, nome di agente, quale gettatore, dardeggiatore, scagliatore di raggi, si riferisce evidentemente ai raggi di luce che emanano dalla stella; as-tor in accadico indica quindi la separazione dei raggi dall’unicità della luce a molti (fasci luminosi).
[3] Bhakuni et al., 2001; Brown et al., 2003; Li & Wu, 2003; DaSilva, 2004; VanderMersh, 2005.
[4] Effetto Tossico e neurotossico. L’Unione Europea ha fissato il grado di tossicità del tujone a 0,08 mg per kg di peso corporeo, 0,5 mg/kg nei cibi, 35 mg/kg in bevande alcoliche a base di Artemisia. In America alcune specie contenenti tujone, come nell’Artemisia, possono essere vendute se private dei tujone, invece altre specie, come la Salvia, che contengono anche il 50% di tujone, possono essere vendute perché ritenute “sicure”. Simpatiche incongruenze.
[5] È facile riconoscere in Artemide, Artemis-dea, e in Artemisia, forse l’antico assiro Ara-te-me-mi-isi-a, come gloriosa (ara, ar, ra) connessione del me (te-me, te-em) alla (a) donna di fango (mi-isi); infatti secondo i miti sumeri antichi la donna venne creata da fango/argilla e sangue divino, come l’uomo. Così l’artemisia diventa la pianta che consente una lodevole connsessione all’aspetto della donna che la differenzia dall’uomo. L’estratto di Artemisia, usato per i problemi mestruali, non dovrebbe aver dato alcun problema di tossicità alla donna (come invece successe in seguito all’uso e, in taluni casi, abuso, da parte dell’uomo), proprio in virtù del fatto che il ciclo (e quindi una eventuale assunzione) avveniva nel peggiore dei casi, ogni 28/29 giorni. Da tale punto di vista, funzionale, possiamo ricondurre la pianta anche ad una segnatura lunare, e la dea Artemide, infatti, era anche una dea lunare.
[6] Processo programmato di morte cellulare
[7] Attività cito-tossiche e/o cito-statiche sono state dimostrate ai danni di numerosi taxa Procarioti, sia dovute all’artemisinina, B-Arteannuina, Artemisinato, che agli estratti di oli essenziali (terpinen-4-olo, alpha-terpineolo, selin-11-en-4alpha-olo.
[8] Garcia et al., 2003
[9] HSV/2: Zheng, 1989
[10] Come già spiegato, ricordiamo che l’Artemisia ha effetti neurotossici ed epatotossici per via del contenuto di tuijone, pertanto si allerta nell’uso di tale infuso, onde esonerare da ogni responsabilità.
[11] Tang et al., 2000; Liu et al., 2001b; Ni & Chen, 2001; DaSilva, 2004.
[12] Galal et al., 2005; Soylu et al., 2005.